Indirizzo
Via Casilina, 700 Roma
GPS
41.875930570902, 12.555413782686
L’area del Parco Archeologico di Centocelle ricade all’interno del Comprensorio archeologico “Ad duas lauros” ed è una vasta area verde di 136 ettari in larga parte nel Municipio Roma V e in parte nel Municipio Roma VII, ed è una risorsa culturale, ambientale e paesaggistica di straordinario valore.
Archeologia
Nel corso degli anni novanta, nell’ambito di un grande progetto di indagini archeologiche preliminari alla realizzazione del cosiddetto Sistema Direzionale Orientale, venne indagata anche l’area dell’attuale Parco di Centocelle.
I rinvenimenti furono numerosissimi e di varia entità e cronologia, stato di fatto che ha permesso di formulare ipotesi di ricostruzione delle varie fasi di occupazione e frequentazione di questo territorio, in un periodo che va dal VI secolo a.C. al VI secolo d.C., tenendo presente quindi non solo i singoli siti, ma il complesso dei ritrovamenti inseriti nel paesaggio circostante.
Le ville
Le ville qui rinvenute rappresentano un esempio dei grandi complessi suburbani di cui i dintorni della città antica erano costellati e hanno una lunghissima storia. Sebbene in origine fossero insediamenti di tipo “rustico”, sono stati trasformati, nel corso del tempo, in lussuosi ambienti di campagna, forniti di spazi e comodità che una dimora urbana non sempre poteva avere.
La Villa cd. “ad Duas Lauros”
La cosiddetta “Villa ad Duas Lauros” è la più celebre di queste ville è quella già in parte documentata negli anni ’20, durante i lavori per la costruzione Campo di aviazione di Centocelle. Allora du identificata con il nucleo centrale del possedimento ad duas lauros, (“presso i due allori”), di proprietà di Flavia Giulia Elena Augusta, madre di Costantino, sepolta nel vicino mausoleo di Tor Pignattara.
Il complesso presenta diverse fasi costruttive che vanno dall’età repubblicana fino all’epoca tardo-antica (V-VI d.C.), in cui la villa toccò la massima espansione arrivando ad occupare quasi due ettari, dei quali uno era sicuramente destinato a verde (parco o giardino) e decorato con sculture, come l’Erma bifronte o l’Eros di Centocelle.
La planimetria della villa ci era nota da una foto aerea degli anni Cinquanta, in cui sono visibili numerosi ambienti: si presenta articolata intorno a un asse centrale est-ovest, che vede in successione un vasto emiciclo (nel quale è probabilmente riconoscibile una struttura teatrale), un ampio ambiente ed un cortile quadrato con portico circostante. Lo scavo ha permesso di chiarire le diverse fasi costruttive del complesso, che da età repubblicana si sviluppa fino ad epoca tardo-antica (V-VI d.C.), quando arrivò ad occupare quasi due ettari, di cui uno utilizzato a parco o giardino e decorato con sculture.
La “Villa della Piscina”
A circa 400 m di distanza verso ovest della Villa ad Duas Lauros, è stata rinvenuta una seconda villa, di dimensioni grandiose, che presenta differenti fasi edilizie e nuclei con diverse destinazioni d’uso.
Anche in questo complesso si riconosce un’ampia fase di epoca medio repubblicana, ma l’assetto definitivo si data alla fine del I e gli inizi del II secolo d.C., epoca cui risale la costruzione dell’elemento più spettacolare del complesso, una grande piscina (capace di contenere mezzo milione di litri d’acqua), a cui la villa deve il suo attuale nome. Dai ritrovamenti risulta evidente che questa struttura non era solo una quinta scenografica del giardino, ma anche un sito produttivo, una peschiera. Questa attività aveva bisogno di notevoli investimenti e quindi era praticata in complessi di un certo lusso, come mostrano anche alcuni elementi dell’apparato decorativo rinvenuti nel riempimento della piscina stessa. Completavano la struttura gli ambienti termali che con il resto del complesso costituiva una struttura a “U” che incorniciava l’ampio giardino.
La “Villa della Terme”
In un’area del pianoro più vicina all’attuale Viale Palmiro Togliatti sorge un’altra villa, già individuata e parzialmente scavata negli anni ’80. Il nome della struttura deriva dal fatto che gli ambienti termali sono l’unica la parte dell’originario complesso che si è salvata dalle distruzioni provocate dalle moderne cave per l’estrazione di pozzolana. Vista la sua lontananza dalla pista di atterraggio, la struttura è sopravvissuta alle rasature degli anni ’20, e quindi è ancora ben conservata anche in elevato. Anche questa villa presenta una fase tardo antica, attestata fra l’altro anche da un gruppo di sepolture collocate non lontano dai resti delle terme che presentano caratteristiche di lusso. Questo dato suggerisce che esse si riferissero ai proprietari del complesso, secondo un uso di “sepoltura in villa” ben attestato non solo nel suburbio romano.
La Sovrintendenza Capitolina ha avviato da tempo un progetto di musealizzazione innovativa che consentirà di far rivivere i diversi “paesaggi” che si sono succeduti nel tempo: dalle piccole fattorie, alla coltivazione intensiva della vite a filari nel corso dell’età repubblicana, fino alle colture di pregio dell’età imperiale.
Rielaborato da: Patrizia Gioia e Rita Volpe, “Archeologia nel Parco di Centocelle”, 2009, in Arch.It.Arch, Dialoghi di Archeologia e Architettura, Roma, Quasar: 102-115
Storia del ‘900
Il 15 aprile 1909 Wilbur Wright, pioniere del volo insieme a suo fratello, inaugurò una serie di voli dimostrativi presso un terreno incolto della campagna romana del velivolo a motore prototipo Flyer. Il terreno, esteso fra via Casilina, via della Botanica (l’odierna via Palmiro Togliatti), via di Centocelle e via Papiria e di proprietà dei conti Macchi di Cellere, era stato preso in affitto dal Club aviatori e dalla Brigata specialisti, di fatto il primo nucleo della futura Regia Scuola di Aeronautica italiana.
Nasceva così il primo aeroporto d’Italia, intitolato all’aviatore Francesco Baracca. Nel 1923, con la costituzione della Regia Aeronautica come arma autonoma, la bandiera di guerra dell’Arma venne conservata presso l’aeroporto di Centocelle fino al 1931, quando venne inaugurato il Palazzo dell’Aeronautica nel quartiere Castro Pretorio. Nel 1926 l’aeroporto fu aperto ad uso civile. Durante la seconda guerra mondiale divenne bersaglio di numerosi bombardamenti. Per approfondire la storia dell’aeroporto militare visita la scheda dedicata Aeroporto militare Francesco Baracca – Ex Campo di Aviazione di Centocelle.
Sempre negli anni ’30 la Stefer inizia i lavori per la realizzazione del cosiddetto Tunnel detto di Mussolini, che rappresenta il primo tentativo di costruire una metropolitana a Roma, con un percorso misto (sotterraneo e all’aperto) che, negli intenti, doveva collegare centro e periferia. La linea Porta Maggiore-Centocelle-Torre Spaccata aveva l’obiettivo di liberare la Casilina dalle rotaie delle ferrovie vicinali, realizzando due capolinea, uno per raggiungere Termini in una direzione e l’altro per raggiungere Fiuggi nell’altra attraverso apposite ferrovie. La realizzazione del tunnel fu interrotta durante la guerra. Nel 1946 furono ripresi i lavori ma ben presto di nuovo interrotti, in favore dell’attuale Linea B della metropolitana, anch’essa iniziata in quel periodo e ritenuta prioritaria anche in vista delle Olimpiadi del 1960. Il tracciato attualmente presente collega, appunto, il Parco di Centocelle a Largo Bastia nel quartiere Tuscolano. Dopo la chiusura, il tunnel è stato utilizzata come fungaia.
Dopo la seconda guerra mondiale l’area si configura come un grande “vuoto” urbano all’interno di una città in rapida espansione. Un vuoto che l’amministrazione cerca di governare con una serie di atti che vanno dalla costituzione di un centro direzionale (PRG 1965) a un grande Parco Urbano (PRG 2003). Nel frattempo questo lembo di campagna romana rimane quasi sospeso, e mentre si decide e pianifica, l’area viene interessata dal fenomeno degli insediamenti spontanei. Partono quelli produttivi – a cavallo degli anni ’60 – piccoli baracche di recupero metalli che poi con l’esplosione del mercato dell’auto si trasformano in centri di rottamazione. Un fenomeno consolidato nella fascia del parco che da su viale Palmiro Togliatti.
Ma oltre agli insediamenti produttivi, ci sono quelli abitativi. Negli anni ’60 si insediano diverse famiglie di origine siciliana, napoletana e calabrese. Negli anni ’80 agli italiani si sostituiscono famiglie provenienti dalla Bosnia, dal Montenegro a cui aggiungono successivamente famiglie dal Kosovo e Montenegro. Nasce il Casilino 900 e poco dopo (inizio ’90) nasce anche il Casilino 700. Quest’ultimo insediamento viene sgomberato nel 2000, mentre il Casilino 900 nel 2010 sotto la giunta Alemanno.
Urbanistica, paesaggio e partecipazione civica
Nel Piano Regolatore Generale del 1965, l’area venne indicata come spazio in cui accogliere una serie di nuove costruzioni a uso non abitativo, nell’ambito del Sistema Direzionale Orientale. Questo programma urbanistico aveva l’obiettivo di alleggerire il centro storico dal peso del comparto direzionale (ministeri e uffici), prospettando una inversione di tendenza nello sviluppo concentrico e stellare della città. Il piano prevedeva quindi la costruzione di un nuovo polo direzionale alternativo ad est, in aree parzialmente urbanizzate all’interno del Grande Raccordo Anulare, a partire da Pietralata a nord fino a Centocelle verso sud, collegate da un asse viario a percorrenza veloce.
Questa impostazione urbanistica rimase nei programmi comunali per lungo tempo, almeno fino a quando l’allora Soprintendente archeologo di Roma, Adriano La Regina, appose nel 1992 (su tutta l’area già occupata dall’aeroporto militare) un vincolo di tipo storico (in base all’art. 1 della 1089/39), basato dunque sulle testimonianze storiche e letterarie che attestavano l’importanza archeologica del sito. Alla luce del fatto che il parco di Centocelle ricade all’interno del Comprensorio archeologico “Ad duas lauros”, questo territorio è stato compreso tra le aree di interesse archeologico indicate dall’Art. 1, lettera m) della Legge n. 431 del 8.8.1985 (Legge Galasso) ed è stato quindi sottoposto a vincolo paesistico attraverso il D.M. del 21.10.1995 del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali. In tale contesto, e nello specifico del Parco, viene sottoposta a vincolo paesistico tutta l’estensione dell’ex aeroporto, con esclusione della fascia di terreno rimasta ai militari. Tenendo conto del vincolo di tutela ad Duas Lauros apposto con D.M. 25.10.1995, il cosiddetto “Progetto Direttore” rivede le indicazioni del Piano Regolatore e anche la porzione di territorio su via di Centocelle, esclusa dal vincolo archeologico apposto di cui D.M. 9.7.1992, viene destinata a verde in una programmazione che vede la creazione di un nuovo parco urbano, delle dimensioni simili a quelle di Villa Borghese. Queste indicazioni vengono successivamente confermate nel Piano Regolatore del 2003 e nel Piano Particolareggiato approvato dalla Regione Lazio nel 2006.
Gli anni ’90 e 2000 sono un susseguirsi di progetti, stralci, tavoli che però non portano praticamente a nulla. Monta così l’insofferenza degli abitanti dei quartieri frontalieri al Parco (Centocelle, Cinecittà, Tor Pignattara, Torre Spaccata) che iniziano a costituirsi in comitati di lotta per la bonifica, la valorizzazione, la tutela dell’area. Un movimento civico che porta alla costituzione di diverse associazioni che esercitano una notevole pressione mediatica sulle Amministrazioni. Nonostante questo ancora non esiste un piano certo di sviluppo dell’area come spazio verde archeologico che sembra sempre più collegato all’avvio del progetto di musealizzazione del Parco ideato dalla Sovrintendenza Capitolina.
Patrimonio floristico
La tabella seguente riporta l’elenco delle specie vegetali censite durante i Bioblitz organizzati dal WWF Roma e Area Metropolitana e dall’Università Sapienza di Roma, legati all’iniziativa internazionale City Nature Challenge 2018 e 2019 integrato da osservazioni di Rossella Mortellaro.
Figura 1: Numero di specie rinvenute nel Parco di Centocelle per famiglia botanica
Figura 2: Le diverse forme biologiche presenti nel Parco
Il grafico mostra l’abbondanza percentuale delle diverse forme biologiche (spettro biologico) presenti nel Parco. Le forme biologiche rappresentano le strategie adottate dalle piante per proteggere le gemme dormienti durante la stagione avversa. La classificazione adottata è stata elaborata dal botanico danese Christen Raunkiær nel 1934.
- Fanerofite: piante legnose con gemme svernanti poste ad un’altezza dal suolo > 25 cm Hanno gemme esposte e risentono del clima freddo
- Camefite: Piante legnose alla base con gemme svernanti poste ad un’altezza dal suolo tra 2 e 25 cm, spesso ricoperte dal manto nevoso
- Emicriptofite: Piante erbacee perenni o bienni con gemme svernanti poste al livello del terreno
- Geofite: piante erbacee perenni con organi sotterranei di riserva quali bulbi o rizomi, preposti a conservare al loro interno le gemme, nel periodo sfavorevole
- Terofite: piante erbacee che superano la stagione sfavorevole allo stato di seme completando il loro ciclo vitale nella stagione favorevole
Le terofite (piante annuali) risultano preponderanti, come in genere in tutte le aree urbane e sono rappresentate, in particolare, da comunità ruderali e pioniere. Queste specie hanno elevate capacità riproduttive e presentano un’alta plasticità genetica, fisiologica e morfologica (devono adattarsi alle rapide variazioni delle condizioni ambientali nonché alla pressione costante dei fattori esterni). Le geofite rivestono invece un ruolo importante nella colonizzazione del terreno povero urbano.
Non chiamiamole erbacce
La vegetazione spontanea, che cresce ovunque e che in modo dispregiativo chiamiamo erbacce, rappresenta la biodiversità a portata di mano. Si tratta di un modo nuovo e diverso di accostarci alla natura, imparando ad osservare ciò che ci circonda con altri occhi, non più disgustati e infastiditi ma piuttosto incuriositi. Si tratta anche di ripensare i margini: le erbacce, come tutte le marginalità – anche sociali – sono scacciate. Cambiando prospettiva, ciò che è diverso ci può apparire come arricchimento.
L’idea del Terzo Paesaggio di Gilles Clément nasce dalle considerazioni di Emmanuel Joseph Sieyès “Cos’è il Terzo Stato?” (1789): “Il terzo Stato è quel nulla che aspira a diventare qualcosa”. Gilles Clément descrive, nel suo Manifesto, il Terzo Paesaggio con queste parole: “Se si smette di guadare il paesaggio come l’oggetto di un’attività umana subito si scopre (…) una quantità di spazi indecisi, privi di funzione”. “frammenti di paesaggio” dove non vi è alcuna “somiglianza di forma”? Il loro “punto in comune” è quello di costituire un “territorio di rifugio per la diversità”.
Gilles Clément pone l’accento principalmente sull’educazione allo sguardo, all’osservazione: invita i lettori ad utilizzare la vista cambiando il proprio paradigma, iniziare cioè a guardare con rispetto e una nuova e diversa attenzione, ciò che abitualmente siamo restii ad osservare. Dall’osservazione delle erbacce possiamo effettivamente imparare a interpretare l’ambiente in cui viviamo, leggerlo in un’ottica differente, al fine di “sapere come agire, come fare dei buoni gesti, come consentire l’emergere di un futuro felice”.
Clément descrive nei suoi testi esperienze, più o meno spontanee, di reinterpretazione e riappropriazione di spazi cittadini abbandonati, da parte dei cittadini stessi: esperienze di cittadinanza attiva e di educazione al rispetto dell’ambiente e all’educazione alla “bellezza” insita in ciò che ci circonda.
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