Le origini della Parrocchia

Nel 1932 papa Pio XI, considerato il notevole incremento demografico che aveva investito la zona della Marranella, decide di fondare una nuova parrocchia, che il cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani affida ai religiosi della congregazione dei Figli di Maria Immacolata, detti anche Pavoniani dal nome del loro fondatore, Ludovico Pavoni.

La parrocchia venne visitata da due pontefici Paolo VI il 6 marzo 1966 e Giovanni Paolo II il 30 gennaio 1983. I religiosi, di origine bresciana, che già operavano presso la parrocchia di san Felice da Cantalice a Centocelle, si trasferiscono nella  borgata Galliano, dove inizialmente utilizzano dei capannoni, risiedendo prima in via Casilina e, dal 1934, in piazza Michele Sanmicheli 3. Oggi la parrocchia di San Barnaba insiste su un territorio piuttosto vasto, che comprende 27.000 residenti. Il parroco è padre Mario Trainotti. Nel territorio della parrocchia di San Barnaba Apostolo sono presenti le congregazioni religiose femminili delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, le Suore di Nostra Singora di Namur, le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù e le Missionarie della Carità.

La Chiesa di san Barnaba Apostolo alla Marranella

La chiesa, intitolata a san Barnaba, in onore della prima rettoria assegnata al  Pavoni, viene costruita su progetto dell’architetto Tullio Rossi e inaugarata l’8 novembre 1952 dal cardinale Clemente Micara. L’edificio di impianto basilicale, in mattoni  è lungo 45 metri e largo 25.

Tra il 1963 ed il 1964 il pittore Radames Salvalaggio esegue la serie delle tele con gli Apostoli, san Paolo e san Barnaba,  collocati tra le finestre,  nonché le pale con l’Immacolata Concezione e l’Adorazione dei Magi sulla parete sinistra.  L’abside è stata dipinta dal pittore Igino Cupelloni, attivo come restauratore nelle stanze di Raffaello in Vaticano, e come autore di molte opere conservate in chiese romane ed estere, tra il novembre e l’aprile del 1966. Nell’arco trionfale si vede il Padre Eterno benedicente, circondato da serafini, mentre nella parte  alta dell’arco absidale sono raffigurati  da sinistra l’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus, al centro  la Crocifissione, sullo sfondo di un tondo di luce che rinvia all’Eucarestia e  a destra la Resurrezione.  Il santo titolare  trionfa all’interno di una sorta di ogiva costituita da altri angeli e illuminata direttamente dalla colomba dello Spirito Santo.

 

 

 

 

 

Il tema fondamentale della decorazione infatti  è quello della SS. Trinità, da cui la Chiesa prende vita. I triangoli di luce e colori, che si rincorrono irradiandosi in tutte le direzioni, non solo sono un chiaro rimando al cubismo, ma rinviano alla presenza costante della Trinità nella storia.   Ai piedi di Barnaba compaiono due angeli, uno  con la palma del martirio, l’altro con i rami di ulivo, simbolo della pace.   In basso a sinistra è rappresentato Papa Giovanni XXIII che apre i lavori  del Concilio Vaticano II (11 ottobre del 1962). Accanto al Pontefice compaiono a destra il cardinale Luigi Traglia, che il 29 novembre del 1966 benedisse l’ultimazione dei lavori della chiesa, e a sinistra, nelle vesti di prelato, il parroco di allora, Padre Carlo Dondi.  Ancora più a sinistra  i cardinali Slipy  arcivescovo degli ucraini e Agagianian  arcivescovo degli armeni e un patriarca orientale, a destra un prelato orientale con corona sul capo in piedi e un vescovo occidentale seduto. Sullo sfondo l’insieme dei partecipanti all’evento e i monumenti più rappresentativi di Roma, tra cui si riconoscono la basilica di S. Pietro, il Foro romano, il Pantheon. Sulla cornice campeggia la frase del Papa: “La Chiesa cattolica, consolidata nella fede, confermata nella speranza, più ardente nella carità, rifiorire di nuovo a giovanile vigore” (EV I, 77). A sinistra,  sullo sfondo della città di Gerusalemme Paolo VI, primo papa della storia dopo san Pietro a recarsi in Palestina, (gennaio del 1964), regala la tiara  ai poveri dell’India, proseguendo idealmente le iniziative di Barnaba, che aveva donato i proventi della vendita del suo campo per la prima comunità di cristiani e si era dedicato all’annuncio del Vangelo. La raffigurazione dell’arcivescovo ortodosso di Costantinopoli Atenagora, e di quello di Cartenterbury, Ramsey, che indossa l’anello regalatogli dal pontefice, sottolinea l’ecumenismo della Chiesa iniziato con il Concilio Vaticano II.n L’insieme è interessante sotto vari punti di vista, tematico, storico, in quanto racconta momenti di svolta nella epocale della Chiesa, stilistico e tecnico, essendo l’opera realizzata ad encausto.  L’originale mosaico del soffitto dell’abside crollò il 4 aprile del 1964, un venerdì santo, poco prima delle 7, ora in cui i sacerdoti abitualmente recitano le lodi.  Cupelloni ripristinò la volta dipingendovi quattro angeli che sorreggono la croce e le lettere IHS (Jesus Hominum Salvator).  Nel 1974 fu risistemato il presbiterio e l’altare. Nel 1984 Padre Ambrogio Fumagalli degli Olivetani di S. Francesca Romana realizzò le vetrate i cui colori vogliono rappresentare il caos, la pienezza dei tempi, la nascita di Cristo e la fine dei tempi. Le tre vetrate  della facciata raffigurano la Passione, Morte e Resurrezione di Gesù. Tra il 1990 ed il 1996 il parroco P. Mario Traionotti fece realizzare all’altezza del transetto destro una cappella per la messa feriale. Qui si conserva un pregevole Crocifisso di legno intagliato dal pavoniano  fratel De Bona ed un’icona con Madonna e Bambino della Mariani. Il 14 aprile del 2001 fu deposta la reliquia di san Lodovico Pavoni nell’ultima cappella destra, affrescata dal pittore Alberto Bogani con episodi della vita del santo. Accanto alla chiesa sorge l’oratorio intitolato dal gennaio del 2022 alla memoria di p. Claudio Santoro, fondatore della Casa Famiglia Ludovico Pavoni che si occupa dell’assistenza dei giovani e dei poveri e del quartiere e della stazione Termini.

Lodovico Pavoni, il fondatore della Congregazione dei Figli di Maria immacolata

 

 

 

 

 

Nato a Brescia nel 1784, ordinato prete nel 1807, Lodovico Pavoni fondò nel 1821 l’Istituto di San Barnaba, scuola di arti e mestieri frequentata gratuitamente dagli indigenti bresciani. Lo stesso Pavoni elenca otto “officine” esistenti: Tipografia e Calcografia, Legatoria di libri, Cartoleria, Argentieri, Fabbriferrai, Falegnami, Tornitori, Calzolai.

Autore:  @ Rita Randolfi

 

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