Raffaele Vincenzo Giuseppe Melis nacque a Genoni (Or) il 25 marzo 1886, da Giovanni e Rita Piseddu, dove frequentò la scuola elementare e la parrocchia del paese, retta dai Padri oblati di Maria Vergine. Si dice che Raffaele mostrò fin da subito “l’indole sacerdotale”, che lo spinse a 14 anni ad entrare nel collegio-seminario dei Padri oblati a Giaveno (To), facendo professione di fede il 24 aprile 1905. Quel che è certo è che Raffaele fu l’unico superstite degli otto figli della famiglia Melis, tutti morti in tenera età e che la frequentazione della parrocchia e forse una certa predisposizione allo studio, furono notati dai Padri oblati, che lo indirizzarono al sevizio sacerdotale. Dopo gli studi superiori al collegio-seminario di Giaveno, per Raffaele iniziò il percorso di studi universitari, che lo portarono a Roma, presso l’Università Gregoriana e all’ordinazione sacerdotale presso la Basilica di san Giovanni in Laterano il 10 aprile 1909. Tornato a Giaveno, divenne direttore del collegio-seminario, fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Chiamato in servizio, fu sacerdote negli ospedali da campo.

Nella parrocchia di sant’Elena, al Pigneto, padre Raffaele Melis arrivò nel 1936. Il quartiere all’epoca aveva molte caratteristiche comuni con le città industriali del nord Italia. Numerosi stabilimenti di medie e grandi dimensioni, famiglie operaie, generalmente immigrate di recente da altre provincie e regioni e non pochi problemi dovuti alle difficoltà economiche. I giovani erano numerosi, ma la dispersione scolastica era ancora molto frequente: per questa ragione la parrocchia – eretta e consacrata tra il 1914 e il 1916 – dovette affrontare non poche difficoltà in una popolazione poco incline alla frequentazione del luogo di culto. Tuttavia, con la presenza dei padri oblati, l’attività parrocchiale soprattutto giovanile era cresciuta e si era consolidata.

La guerra e i bombardamenti del 19 luglio e del 13 agosto 1943

La guerra aveva spezzato la quotidianità della vita parrocchiale del Pigneto la mattina del 19 luglio 1943. Negli anni precedenti Roma non aveva subìto bombardamenti da parte degli Alleati e la guerra aveva mostrato la sua ordinarietà con le partenze per il fronte, le licenze dei soldati, il razionamento del cibo, la raccolta dei metalli preziosi e l’inasprimento dei controlli di polizia nei confronti dei non pochi sorvegliati politici presenti nel quartiere. Ma la mattina del 19 luglio le bombe erano cadute lungo la ferrovia Roma-Napoli, la linea Roma-Fiuggi-Alatri-Frosinone e lo scalo ferroviario di San Lorenzo. Spezzonamenti e mitragliamenti avevano colpito la via Casilina e Prenestina, in un’area ben più ampia di quella tradizionalmente indicata come “San Lorenzo”. In quell’occasione la parrocchia era diventata fin da subito uno dei luoghi di raccolta e di assistenza per tutto il quartiere. I padri Oblati avevano distribuito un po’ di aiuto (cibo e qualche vestito), ma soprattutto avevano avuto il difficile compito di confortare spiritualmente e moralmente i fedeli. Monsignor Giovanni Battista Montini, come rappresentante del pontefice Pio XII, aveva incontrato il parroco di sant’Elena padre Melis per raccogliere informazioni e richieste da parte dei parrocchiani.

Ma la mattina del 13 agosto, neppure un mese dopo il primo bombardamento, una seconda ondata di bombe, mitragliamenti e spezzonamenti colpirono un’area ancora più ampia, i cui confini erano la stazione Tiburtina e la stazione Tuscolana. Gli Alleati volevano colpire e spezzare i rifornimenti tedeschi che viaggiavano da Roma verso il Sud Italia lungo la via Roma-Napoli. Fu in questo secondo bombardamento che padre Raffaele Melis venne colpito da uno spezzonamento, morendo mentre, insieme al vice parroco, soccorreva i  viaggiatori di un convoglio ferroviario della linea Roma-Fiuggi-Alatri-Frosinone – più noto come il trenino dei laziali – di fronte alla sua parrocchia . Il treno bombardato riportava a Roma milleduecento rimpatriati dall’Africa Orientale che, presi dal panico al momento dello spezzonamento, saltarono fuori dai vagoni correndo verso la chiesa. Ma il muretto di delimitazione della ferrovia divenne l’ostacolo contro cui due caccia Lightning inchiodarono con proiettili e schegge decine e decine di persone, la maggior parte donne e bambini che erano stati fatti scendere dal treno per primi per dare loro la possibilità di fuggire. Alla fine del mitragliamento don Raffaele Melis e il viceparroco uscirono dalla chiesa per andare a soccorrere i feriti e dare loro i sacramenti. Ma era troppo presto. Una sventagliata di mitragliatrici di una seconda ondata di caccia colpì il parroco di sant’Elena: il volto squarciato, la piccola bottiglia di olio consacrato nella mano sinistra e le tre dita della mano destra paralizzate nell’atto della benedizione.

Padre Raffaele Melis fu sepolto nella sua parrocchia, colpita dalle bombe. Nei primi mesi dopo la liberazione di Roma, il registra Roberto Rossellini visitò il quartiere Pigneto e scelse questa chiesa, ancora ferita dalla guerra, come location della parrocchia di don Pietro (Aldo Fabrizi) in Roma città aperta, ripresa nella facciata esterna e nell’oratorio. Nel 1995 padre Raffaele Melis  è stato proclamato venerabile per la chiesa cattolica.

Qui di seguito riportiamo l’articolo di Vincenzo Grienti pubblicato su L’Osservatore Romano il 12 agosto 2021. L’articolo riporta i risultati della ricerca dello storico Pierluigi Amen, richiesta dalla Diocesi di Roma, che ha rivelato aspetti inediti e maggiori particolari sulla vicenda del bombardamento del 13 agosto 1943 sulla linea ferroviaria Roma-Cassino-Napoli e sulla morte di padre Raffaele Melis.

Un particolare davvero sorprendente che lo storico Amen ha potuto approfondire con la sua ricerca è stato il conferimento, nel 1949, della Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria di padre Raffaele Melis,  con la seguente motivazione: «Parroco di un quartiere di Roma, replicatamente fatto segno a offese aeree, si prodigava oltre ogni limite umano per portare aiuto morale e materiale ai colpiti durante una incursione aerea particolarmente violenta e micidiale. Accorreva presso un treno gremito di passeggeri che era stato colpito in pieno dalle bombe e mitragliato dagli aerei e, sotto la violenta azione degli stessi, non esitava a compiere la sua opera confortatrice che protraeva, imperterrito, sprezzante di ogni pericolo, finché cadeva mortalmente colpito. Magnifica figura di italiano, di apostolo e di valoroso soldato di Cristo»

OSS. Romano 12 agosto 2021 pag7.pdf

 

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