Il manifesto è un quotidiano italiano d’indirizzo comunista fondato nel 1971 facendo seguito alla rivista fondata nel 1969. Pur appartenendo all’area della sinistra italiana non è organo di nessun partito, sebbene in passato sia stato anche un movimento politico italiano di estrema sinistra attivo sino al 1974, quando confluì nel Partito di Unità Proletaria per il comunismo. Nasce in origine come rivista politica mensile, diretta da Lucio Magri e da Rossana Rossanda, ed edito da Edizioni Dedalo. Alla redazione del primo numero, uscito il 23 giugno 1969 con una tiratura di 75.000 copie partecipano Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina, Lidia Menapace, Ninetta Zandegiacomi e Michele Rago. La veste grafica è curata da Giuseppe Trevisani, il prezzo della copia era di 50 lire e vendette 30.000 copie.

Il periodico nasce dalla componente più “a sinistra” del Partito Comunista Italiano che con Pietro Ingrao aveva sostenuto nel corso dell’XI congresso alcune battaglie per la democrazia interna al partito e sollevato la questione del “modello di sviluppo” in contrapposizione alla componente più “moderata” del partito, capeggiata da Giorgio Amendola.
L’idea di dare vita a una pubblicazione autonoma risale all’estate del 1968, ma viene congelata in vista del XII congresso del PCI, dove, peraltro, Pintor, Natoli e Rossanda non avevano votato in Comitato centrale le tesi.

La rivista assume posizioni in contrasto con la linea maggioritaria del partito (in particolar modo rispetto all’invasione sovietica della Cecoslovacchia, con l’editoriale uscito nel secondo numero intitolato “Praga è sola”) che ne chiede la sospensione delle pubblicazioni. La Commissione Centrale di Controllo e il Comitato centrale del PCI il 24 novembre 1969, relatore Alessandro Natta, deliberano la radiazione per Rossana Rossanda, Luigi Pintor e Aldo Natoli con l’accusa di “frazionismo”. Successivamente viene adottato un provvedimento amministrativo per Lucio Magri e non vengono rinnovate le iscrizioni per Massimo Caprara (dal 1944, per 20 anni, segretario personale di Togliatti), Valentino Parlato e Luciana Castellina. il manifesto si costituisce, quindi, come formazione politica con una piccola rappresentanza parlamentare (Natoli, Pintor, Rossanda ai quali si aggiungono Massimo Caprara e Liberato Bronzuto). Nel settembre del 1970 (la tiratura sarà di 60.000 copie) vengono proposte le tesi per il comunismo nelle quali viene avanzata una piattaforma politica per l’unità della sinistra rivoluzionaria e si caldeggia la costituzione di una forza politica. Si intensificano, inoltre, le relazioni con Potere operaio con il quale la formazione del manifesto tiene un congresso nel febbraio 1971: si dovrebbe sancire l’unificazione tra le due forze, ma si chiude invece con una rottura.

La rivista in forma di periodico esce 18 volte (tra cui sei numeri doppi) con discontinuità fino alla nascita del quotidiano «Il Manifesto», il 28 aprile 1971. Con questa trasformazione il gruppo si costituisce anche come struttura politica alle elezioni del 1972, presentando una propria lista alla Camera dei deputati e invitando a votare il PCI al Senato. Un risultato elettorale modesto (0,67%) ma non lontanissimo dal raggiungere il quorum nel Lazio (32.000 voti pari al 1,2%; il capolista, Pietro Valpreda, ottenne 11.605 preferenze) e quindi l’ingresso in parlamento. Nel 1974 si unifica con il Partito di Unità Proletaria (PdUP), fondando il Partito di Unità Proletaria per il comunismo. Già nel gennaio 1977, però, la componente ex-PdUP esce dal partito, essendo gli ex manifesto più orientati verso il PCI che non verso altri progetti politici (come la costituente di Democrazia Proletaria). Coloro che provengono dal gruppo del manifesto mantengono comunque il nome “PdUP per il comunismo”, assorbendo poi la minoranza di Avanguardia operaia e soprattutto i militanti del vecchio “Movimento Studentesco” del dopo 1968, chiamato allora Movimento Lavoratori per il Socialismo.

Nel 1983 il PdUP per il comunismo si presenta alle elezioni con il PCI, nel quale confluisce nel 1984. Anche se i principali fondatori del giornale si allontanano col tempo dalla vita politica, il manifesto resta comunque un progetto editoriale interessante, proprio per la sua contaminazione e attenzione alla politica.

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