Sul muro di un edificio residenziale in via Galeazzo Alessi n°132, un piccolo altare in marmo ricorda 2 resistenti già presenti nella targa di piazza della Marranella. Si tratta di 2 militanti di Bandiera Rossa, Guerrino Sbardella e Pietro Principato. Per le notizie biografiche su Sbardella si rimanda all”hot point relativo alla sua abitazione, ricordata con la posa di una pietra d’inciampo.

Pietro Principato invece era nato a Reggio Calabria e si era trasferito con la famiglia a Roma, dove esercitò numerosi mestieri fra cui il lucidatore di mobili, il facchino e l’operaio per il servizio tram, impiego da cui fu licenziato per ragioni politiche. Nel 1936 si trasferì da via Panisperna, dove abitava con la sua famiglia, al borghetto degli Angeli (attuale Villa Certosa), aprendo un banco di rivendita di frutta e verdura presso il mercato di via di Tor Pignattara. Il trasferimento era dettato dalla necessità di sottrarsi a due fattori di pressione sociale e politica: l’aumento consistente degli affitti nel centro della città e il controllo sempre più serrato, esercitato dal regime sugli elementi antifascisti. La scelta di risiedere al borghetto degli angeli fu poi guidata dalla presenza fra i residenti di un cognato. Pietro Principato fu fra i partecipanti alla prima riunione clandestina del 30 ottobre 1943 che si tenne nello scantinato della trattoria “Romoletto” a Villa Certosa, durante la quale vennero distribuite fra i presenti le tessere di adesione al movimento comunista d’Italia e costituita di fatto la “Formazione Certosa e Tor Pignattara“, risultato dell’unione di diversi gruppi di resistenza che si erano andati costituendo nel quartiere a partire dall’8 settembre. Fra i “fedelissimi” del comandante Vincenzo Pepe risulta esserci anche Pietro Principato, con il compito di distribuire volantini e messaggi ben nascosti fra verdure e frutta al mercato.

Pietro Principato superò incolume l’occupazione nazifascista. Forse a causa dell’età e dei precedenti politici ben noti al regime, Pietro non sembra partecipare ad azioni dirette. Il suo fu un compito di propaganda e di comunicazione clandestina, che lo tenne al riparo dalla lotta armata. In particolare Pietro si era reso protagonista di un episodio di scherno il 25 luglio del 1943, attirando su di lui l’attenzione morbosa della polizia fascista. Nell’euforia della prospettiva di ritrovata libertà che la fine del regime accese anche negli abitanti del borghetto degli angeli, Pietro incontrò ed affrontò un maresciallo della guardia forestale, strappandogli i simboli del fascismo che il militare portava sulla divisa. Quell’episodio, oltre ad attirare su di lui un maggiore controllo da parte della polizia fascista, fu forse anche il motivo principale per cui fu ferito a morte il 5 giugno del 1944, il giorno successivo all’arrivo degli Alleati, mentre svolgeva attività di vigilanza lungo via dei Savorgnan. Un colpo d’arma da fuoco lo ferì durante uno scontro con un gruppo di fascisti, oppure, secondo la versione sposata da Piscitelli, da un cecchino fascista (forse lo stesso forestale). I compagni di Principato reagirono sparando in aria, verso le case, uccidendo una giovane ragazza del tutto estranea ai fatti. Pietro Principato venne operato nei sotterranei della scuola Luigi Michelazzi (oggi Carlo Pisacane) dal maresciallo medico Pozzi, morendo il giorno successivo.

 

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