Quando si arriva a Tor Pignattara venendo dalla via Casilina, si capisce di essere arrivati in un «luogo» perché, seguendo il percorso del trenino Roma-Giardinetti, ad un certo punto ci si imbatte in un incrocio trafficato che segna la presenza di un denso snodo di vita sociale, molto variegato dal punto di vista culturale.

Antropologia: il cuore di Tor Pignattara

Piazza della Marranella – che nasce dall’incrocio tra via di Tor Pignattara, via dell’Acqua Bullicante e via della Marranella – è un luogo che i residenti considerano il cuore del quartiere, ma anche il suo nucleo più complesso, per alcuni degradato. I vecchi residenti ricordano infatti con nostalgia un passato caratterizzato dalla forte vita comunitaria e rappresentato come idilliaco («ci conoscevamo tutti, si viveva di relazioni; qui potevi sta’ tranquillo e lasciare pure la porta di casa aperta»), mentre le trasformazioni attuali vengono percepite come confusione e rendono per alcuni il presente opaco.

Al contrario piazza della Marranella è considerata da molti un centro vitale forte, complesso come solo i luoghi “buoni per pensare” sanno essere, nonché luogo di incontro, di lavoro e di “appaesamento” per molti migranti e le loro famiglie. Le fotografie d’epoca risalenti all’inizio del secolo scorso e fino agli anni Cinquanta ritraggono l’incrocio dal quale siamo partiti mostrando ben visibile, da un lato, il mercato ortofrutticolo lungo via di Tor Pignattara e dall’altro la cosiddetta «borgata della Marranella» oggi quasi irriconoscibile a causa dei palazzi a 7-8 piani che le sono stati costruiti intorno.

Oggi, sparita la campagna o relegata a lembi nascosti alla vista, la strada consolare via Casilina e gli alti palazzi che hanno preso il posto delle piccole palazzine a uno-due piani, conferiscono al quartiere una connotazione metropolitana e trafficata. Basta però buttare l’occhio dentro via della Marranella o lungo via di Torpignattara per capire che il rapporto tra vita sociale, attività commerciali e densità residenziale è sempre forte, come è ricordato per il passato, e dà alla zona una connotazione di luogo vissuto, di spazio di relazioni, di vita di strada e soprattutto di intreccio tra i diversi vissuti e le provenienze geografiche e linguistiche. Si sentono parlare lingue diverse, soprattutto cinese, bangla e rumeno, ma anche diverse sfumature di accenti meridionali. Il bar che si trova all’incrocio con largo della Marranella, che in passato era di proprietà della famiglia Carra, una famiglia di commercianti proprietaria anche della sovrastante palazzina anni Venti, negli ultimi anni è diventato di proprietà cinese (Oscar Bar) e tutto intorno, soprattutto lungo via della Marranella (il cuore di Banglatown), si aprono numerose attività commerciali: una pizzeria kebab sull’incrocio è meta fissa di molti residenti di tutte le provenienze; altri negozi gestiti da migranti (un money transfer bangladese, un barbiere bangladese e un negozio di telefoni cinese) «fronteggiano» alcune attività italiane: un bar trendy, un negozio di abbigliamento.

Sul piano visivo, la presenza più massiccia per le strade è quella bangladese; molti gli alimentari ed i phone center, seguiti da barbieri e ristoranti: un insieme di attività che portano sulle strade un denso movimento, soprattutto di giovani lavoratori che, in alcune ore del giorno e della sera, si ritrovano intorno a questi spazi commerciali a parlare. Nelle ore mattutine ci sono anche molte donne bangladesi, che fanno la spesa o accompagnano i figli a scuola.

Storia: dalla stazione di posta al centro del quartiere

Il nome della via e della piazza – istituite nel 1924 – ricordano la presenza del Fosso della Marranella, derivazione dell’Acqua Mariana che, all’altezza di Porta Furba, si biforcava formando due rami: uno in direzione del Tevere (attraversando l’attuale parco della Caffarella) e uno in direzione del fiume Aniene, entrando nella tenuta dell’Acqua Bullicante, dove riceveva le acque gassose delle sorgenti del bullicame.

Agli inizi del 900 il torrente formava un grosso bacino di raccolta delle acque di scolo, in prossimità dell’attuale piazza della Marranella, segnando il confine fra le proprietà della famiglia Auconi – che si estendeva lungo l’odierna via della Marranella – e quella della famiglia Apolloni Caracciolo – attorno all’attuale via di Tor Pignattara. Solo la costruzione del Collettore della Marranella, iniziata nel 1926 e conclusasi nel 1934, avrebbe interrato il fiume e prosciugato definitivamente lo stagno. La presenza agli inizi del Novecento di un’antica fontana adibita all’abbeveraggio dei cavalli (posta orientativamente dove oggi c’è il negozio Tikotà), indicava la presenza di un’antica stazione di posta.

La tenuta Marranella-Auconi viene acquistata da Ettore Borla fra il 1912 e il 1915, avviando la lottizzazione dell’area nel 1914, fuori Piano Regolatore. La zona, avviata così ad una veloce edificazione, diviene meta degli immigrati del Basso Lazio, delle vecchie provincie pontificie e, più tardi, delle regioni del sud Italia, che arrivano a Roma alla ricerca di un terreno a basso costo, fuori dalla cinta daziaria, in cui impiantare un’attività privata di tipo familiare. Al piano terra il negozio. Al primo piano l’abitazione, con il tetto “piatto” per accogliere nuovi vani se la famiglia s’ingrandisce. Così l’area dall’inizio del secolo per i decenni successivi inizia – sempre nelle difficoltà dovute al contesto di aree scarsamente servita dal pubblico – a mutare fisionomia: a fianco alle botteghe di maniscalchi, fabbri, falegnami e alle osterie, cominciano a comparire forni, torrefazioni, vetrerie, fabbriche di lampadine e depositi di materiali vari.

Oggi la piazza è un importante nodo della viabilità dell’area est di Roma e ha perso il suo ruolo di spazio d’aggregazione. Nonostante questo rimane uno dei luoghi dell’anima del quartiere, spazio identitario e polo centrale nell’immaginario geografico collettivo.

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