I deportati del 4 gennaio 1944

Indirizzo

Via Bartolomeo D'Alviano, Roma

GPS

41.891226010067, 12.528807225131


Alla fine del 1943 la polizia della RSI e la questura di Roma si adoperarono per organizzare il trasporto di centinaia di detenuti politici “indesiderabili” ma adatti al lavoro, per alleggerire il carico dell’affollato carcere di Regina Coeli e allo stesso tempo eliminare un numero consistente di elementi “pericolosi”. Nei quartieri del Pigneto e di Centocelle, nelle retate condotte dai commissariati di polizia di Porta Maggiore e Tor Pignattara-Quadraro nei giorni del 19 e 26 dicembre 1943, furono arrestati Antonio Atzori, Fernando Nuccitelli, Ferdinando Persiani e Guido Borgioni.

Via Bartolomeo D’Alviano lato esterno chiesa San Leone Magno. Targa “Gloriose vittime olocauste”

Trattenuti a Regina Coeli alcuni giorni, gli uomini arrestati furono prelevati dal carcere e caricati su un convoglio ferroviario, che partì durante la notte del 4 gennaio 1944 dalla stazione Tiburtina, con il carico di 292 prigionieri divisi in gruppi di 45 in vagoni piombati. Il numero dei deportati, che in origine lasciarono il carcere, era di 326, ma 34 probabilmente fuggirono durante il tragitto o la lunga attesa in stazione, in un deposito antiaereo. Il treno viaggiò lentamente verso nord, e si fermò a Bologna la notte fra il 5 e il 6 gennaio: durante la sosta riuscirono a fuggire – forse aiutati da ferrovieri compiacenti – altri 35 deportati. Durante la notte del 6 gennaio il trasporto sostò al Brennero, al gelo, e dopo diversi giorni di viaggio senza viveri né acqua, il 10 gennaio raggiunse il campo di Dachau. Qui i prigionieri restarono 7 giorni, dormendo per terra, per essere poi nuovamente caricati su un convoglio di carri bestiame, con destinazione ignota.

Targa commemorativa in via Fanfulla da Lodi, n° 30

Il 13 gennaio il gruppo raggiunse Mauthausen: qui i prigionieri furono divisi, in parte trattenuti nel campo altri inviati ad altre sedi dell’universo concentrazionario. Dei 292 “sovversivi” partiti da Roma ne sopravvissero solo 61.

Per approfondimenti si rimanda alla ricerca condotta dallo storico Eugenio Iafrate fruibile a questo link